Stralcio della relazione tenuta dal prof. de’ Medici durante la conferenza stampa sui siti alternativi a Serre organizzata dall’Assise della Città di Napoli e del Mezzogiorno d’Italia, sabato 12 maggio alle ore 11.00, presso la sede dell’Istituto Italiano per gli Studi Filosofici.
L’11 gennaio, esattamente alle ore 14.45, io insieme ad altri delegati delle Assise di Palazzo Marigliano e del Comitato allarmi rifiuti tossici, tra cui padre Alex Zanotelli, fummo ricevuti in Prefettura a Napoli e avemmo una lunga discussione con il dott. Bertolaso e con il suo vice la dott.sa Marta Di Gennaro. Ricevemmo una buona accoglienza anzi quasi una testimonianza di affetto e ci fu chiesto di dare un contributo alla risoluzione dell’emergenza rifiuti. Qualche giorno dopo fui chiamato dalla dott.sa Di Gennaro e mi fu chiesto di collaborare per la ricerca di siti.
Per due mesi io ho collaborato con la struttura commissariale guidata da Bertolaso, partecipando a tutte le riunioni: in Prefettura a Napoli, presso la Protezione civile a Roma e in tutti i luoghi che erano in discussione in quel momento. Si trattava di vere e proprie conferenze di servizio, che venivano quindi tutte registrate. Erano presenti a tali incontri i rappresentanti del ministero dell’Ambiente, cioè i capi di gabinetto e i vicecapi di gabinetto, i rappresentanti di Legambiente, i rappresentanti dell’APAT, l’agenzia nazionale che comprende anche il vecchio servizio geologico di Stato; inizialmente c’era anche il WWF, e in alcune riunioni, anche i delegati della provincia di Salerno.
Fin dall’inizio io posi due questioni alle quali sino ad oggi non sono riuscito ad ottenere risposta, la qual cosa mi indigna ulteriormente. La prima domanda che posi alla struttura di Bertolaso e che pongo ancora oggi è questa: perché tale struttura ha agito fin dall’inizio esclusivamente su cave dismesse. Un commissario straordinario che ha ampi poteri non capisco perché non possa scegliersi dei siti più idonei dal punto di vista geologico, ambientale, paesaggistico, turistico e da tutti gli altri punti di vista. Perché solo su cave dismesse? Voi sapete benissimo che le cave in Campania sono quasi tutte in mano alla camorra e che sono state abbandonate in situazioni disastrose anziché essere messe a posto dagli stessi coltivatori delle cave.
La legge parla chiaro: se io ho un piano di coltivazione sulla cava questo piano comprende l’inizio, lo sfruttamento ed alla fine il ripristino definitivo. Non si può, dunque, intervenire in queste cave, spacciando l’intervento come riqualificazione ambientale. La riqualificazione non la deve fare lo Stato o il governo regionale ma chi ha rovinato la zona. E questo è il primo motivo. Il secondo è che quasi tutte le cave sono in materiali calcarei e lapidei, che geologicamente non si prestano minimamente ad essere utilizzate per una discarica e soprattutto per una discarica di immondizia. La maggior parte di queste cave (Eboli, Dugenta ecc.) sono tra l’altro composte di materiali non argillosi. Il che significa praticamente che “bevono” percolato e che quindi bisogna fare dei trattamenti speciali per sistemarle. Dugenta è addirittura in falda, cioè la falda idrica è affiorante perché con lo scavo si è arrivati in falda. Ci sono dei laghetti nei quali si dovrebbe poi mettere l’immondizia. A tutte queste domande non ho mai ricevuto risposte.
Perchè, ancora, per evitare di incorrere in errori e farsi indicare dei siti più idonei non è stata chiamata l’APAT che era presente ai colloqui? Anche questa domanda rimane senza risposta. Detto questo e fatte le schede sui diversi siti che venivano presentati di volta in volta e che noi andavamo a vedere io scartai tutti quanti questi siti tra cui c’era anche Serre: una vera e propria assurdità, in quanto in prossimità del fiume Sele che già subisce percolato da altre due discariche vicine mal sistemate”. A proposito di Serre mi fu detto dal dott. Sauli – è a verbale se ci sono le registrazioni – che era consulente della struttura: “Professore, noi praticamente la utilizziamo per un anno poi di volta in volta man mano che accumuliamo i rifiuti ci mettiamo calce su e non inquiniamo niente”. “Chiedo scusa – replicai – lei mi può garantire per iscritto in questo momento che dopo l’uso temporaneo di Serre di Persano l’Oasi ritornerà quella di prima naturalisticamente parlando?”. Mi risponde Sauli: “No. Questo non lo posso dire”.
Pertanto mi misi in macchina a mie spese, con i miei assistenti e andai a fare un giro nelle zone che già avevo indicato alla struttura Bertolaso in provincia di Salerno, di Benevento, ma soprattutto in provincia di Avellino. La relazione con l’indicazione di questi siti la presentai nel mese di febbraio alla struttura Bertolaso. Mi dettero perfettamente ragione i vice coordinatori e i coordinatori del ministero dell’Ambiente, mi dettero ragione i dirigenti dell’APAT, mi dettero ragione tutte le altre componenti. Però la dott.sa Di Gennaro mi obiettò: “Professore noi adesso come facciamo? Perché amministrativamente noi abbiamo già tutto pronto su Serre di Persano, adesso dovremmo ricominciare punto e a capo”. “Guardi dottoressa – risposi – non è così”. Alla discussione che ebbi con la dott.sa Di Gennaro era presente anche il dott. Pizzi che è a capo della struttura geologica della Protezione civile. “Non è così – dico – perché in queste ampie aree estese per chilometri e chilometri quadri sono presenti non solo situazioni ideali da tutti i punti di vista ma c’è anche la presenza di campi eolici con autostrade che attraversano tutte queste aree”. Cioè dall’autostrada Napoli-Bari si dipartono una serie di autostrade interne perché i camion per portare le pale eoliche che sono altissime e grandi hanno bisogno di strade ampie quasi quanto le autostrade. E nello stesso tempo se questi campi sono utilizzati per l’energia eolica è chiaro che tutta la problematica amministrativa è già risolta. Poi c’è un’altra questione che non sono riuscito a capire. Fin dall’inizio (11 gennaio, il giorno del primo colloquio con Bertolaso) si è parlato di un’urgenza micidiale, per cui in 24 ore si sarebbero dovuti trovare siti alternativi, ma sono passati mesi e i siti ancora non ci sono. Soltanto ieri sui giornali esce fuori per esempio Sant’Arcangelo Trimonte di cui non si era mai parlato e che viene collocato in provincia di Benevento mentre è in provincia di Avellino.
Io feci un discorso molto chiaro alla dott.sa Di Gennaro alla presenza di testimoni, dicendo: “Dott.ssa io le ho consegnato la relazione dei siti che secondo me sono i migliori e vi dico anche che non ci sono problemi però voi volete insistere a tutti i costi su Serre di Persano che io vi escludo non solo per motivi geologici, che poi sono stati accertati in maniera straordinaria dal mio collega Franco Ortolani, ma per fatti anche vitali: voi non potete andare a fare una discarica in una zona che è prossima al fiume Sele e non potete farla a distanza di 500 metri da un’oasi naturale che va salvaguardata non solo al suo interno ma, per legge, anche all’esterno.
Allora io non capisco, ho l’impressione che manchi una ratio a questa situazione: se ci sono siti alternativi idonei ad ospitare discariche, in questa fase emergenziale, perché si insiste sulle aree protette? Ma a questa domanda pare non ci sia risposta.
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