Relazione del Prof. De Medici dello scorso 12 maggio 2007 sui siti idonei allo stoccaggio rifiuti per tutta la regione

Stralcio della relazione tenuta dal prof. de’ Medici durante la conferenza stampa sui siti alternativi a Serre organizzata dall’Assise della Città di Napoli e del Mezzogiorno d’Italia, sabato 12 maggio alle ore 11.00, presso la sede dell’Istituto Italiano per gli Studi Filosofici.
L’11 gennaio, esattamente alle ore 14.45, io insieme ad altri delegati delle Assise di Palazzo Marigliano e del Comitato allarmi rifiuti tossici, tra cui padre Alex Zanotelli, fummo ricevuti in Prefettura a Napoli e avemmo una lunga discussione con il dott. Bertolaso e con il suo vice la dott.sa Marta Di Gennaro. Ricevemmo una buona accoglienza anzi quasi una testimonianza di affetto e ci fu chiesto di dare un contributo alla risoluzione dell’emergenza rifiuti. Qualche giorno dopo fui chiamato dalla dott.sa Di Gennaro e mi fu chiesto di collaborare per la ricerca di siti.
Per due mesi io ho collaborato con la struttura commissariale guidata da Bertolaso, partecipando a tutte le riunioni: in Prefettura a Napoli, presso la Protezione civile a Roma e in tutti i luoghi che erano in discussione in quel momento. Si trattava di vere e proprie conferenze di servizio, che venivano quindi tutte registrate. Erano presenti a tali incontri i rappresentanti del ministero dell’Ambiente, cioè i capi di gabinetto e i vicecapi di gabinetto, i rappresentanti di Legambiente, i rappresentanti dell’APAT, l’agenzia nazionale che comprende anche il vecchio servizio geologico di Stato; inizialmente c’era anche il WWF, e in alcune riunioni, anche i delegati della provincia di Salerno.
Fin dall’inizio io posi due questioni alle quali sino ad oggi non sono riuscito ad ottenere risposta, la qual cosa mi indigna ulteriormente. La prima domanda che posi alla struttura di Bertolaso e che pongo ancora oggi è questa: perché tale struttura ha agito fin dall’inizio esclusivamente su cave dismesse. Un commissario straordinario che ha ampi poteri non capisco perché non possa scegliersi dei siti più idonei dal punto di vista geologico, ambientale, paesaggistico, turistico e da tutti gli altri punti di vista. Perché solo su cave dismesse? Voi sapete benissimo che le cave in Campania sono quasi tutte in mano alla camorra e che sono state abbandonate in situazioni disastrose anziché essere messe a posto dagli stessi coltivatori delle cave.
La legge parla chiaro: se io ho un piano di coltivazione sulla cava questo piano comprende l’inizio, lo sfruttamento ed alla fine il ripristino definitivo. Non si può, dunque, intervenire in queste cave, spacciando l’intervento come riqualificazione ambientale. La riqualificazione non la deve fare lo Stato o il governo regionale ma chi ha rovinato la zona. E questo è il primo motivo. Il secondo è che quasi tutte le cave sono in materiali calcarei e lapidei, che geologicamente non si prestano minimamente ad essere utilizzate per una discarica e soprattutto per una discarica di immondizia. La maggior parte di queste cave (Eboli, Dugenta ecc.) sono tra l’altro composte di materiali non argillosi. Il che significa praticamente che “bevono” percolato e che quindi bisogna fare dei trattamenti speciali per sistemarle. Dugenta è addirittura in falda, cioè la falda idrica è affiorante perché con lo scavo si è arrivati in falda. Ci sono dei laghetti nei quali si dovrebbe poi mettere l’immondizia. A tutte queste domande non ho mai ricevuto risposte.
Perchè, ancora, per evitare di incorrere in errori e farsi indicare dei siti più idonei non è stata chiamata l’APAT che era presente ai colloqui? Anche questa domanda rimane senza risposta. Detto questo e fatte le schede sui diversi siti che venivano presentati di volta in volta e che noi andavamo a vedere io scartai tutti quanti questi siti tra cui c’era anche Serre: una vera e propria assurdità, in quanto in prossimità del fiume Sele che già subisce percolato da altre due discariche vicine mal sistemate”. A proposito di Serre mi fu detto dal dott. Sauli – è a verbale se ci sono le registrazioni – che era consulente della struttura: “Professore, noi praticamente la utilizziamo per un anno poi di volta in volta man mano che accumuliamo i rifiuti ci mettiamo calce su e non inquiniamo niente”. “Chiedo scusa – replicai – lei mi può garantire per iscritto in questo momento che dopo l’uso temporaneo di Serre di Persano l’Oasi ritornerà quella di prima naturalisticamente parlando?”. Mi risponde Sauli: “No. Questo non lo posso dire”.
Pertanto mi misi in macchina a mie spese, con i miei assistenti e andai a fare un giro nelle zone che già avevo indicato alla struttura Bertolaso in provincia di Salerno, di Benevento, ma soprattutto in provincia di Avellino. La relazione con l’indicazione di questi siti la presentai nel mese di febbraio alla struttura Bertolaso. Mi dettero perfettamente ragione i vice coordinatori e i coordinatori del ministero dell’Ambiente, mi dettero ragione i dirigenti dell’APAT, mi dettero ragione tutte le altre componenti. Però la dott.sa Di Gennaro mi obiettò: “Professore noi adesso come facciamo? Perché amministrativamente noi abbiamo già tutto pronto su Serre di Persano, adesso dovremmo ricominciare punto e a capo”. “Guardi dottoressa – risposi – non è così”. Alla discussione che ebbi con la dott.sa Di Gennaro era presente anche il dott. Pizzi che è a capo della struttura geologica della Protezione civile. “Non è così – dico – perché in queste ampie aree estese per chilometri e chilometri quadri sono presenti non solo situazioni ideali da tutti i punti di vista ma c’è anche la presenza di campi eolici con autostrade che attraversano tutte queste aree”. Cioè dall’autostrada Napoli-Bari si dipartono una serie di autostrade interne perché i camion per portare le pale eoliche che sono altissime e grandi hanno bisogno di strade ampie quasi quanto le autostrade. E nello stesso tempo se questi campi sono utilizzati per l’energia eolica è chiaro che tutta la problematica amministrativa è già risolta. Poi c’è un’altra questione che non sono riuscito a capire. Fin dall’inizio (11 gennaio, il giorno del primo colloquio con Bertolaso) si è parlato di un’urgenza micidiale, per cui in 24 ore si sarebbero dovuti trovare siti alternativi, ma sono passati mesi e i siti ancora non ci sono. Soltanto ieri sui giornali esce fuori per esempio Sant’Arcangelo Trimonte di cui non si era mai parlato e che viene collocato in provincia di Benevento mentre è in provincia di Avellino.
Io feci un discorso molto chiaro alla dott.sa Di Gennaro alla presenza di testimoni, dicendo: “Dott.ssa io le ho consegnato la relazione dei siti che secondo me sono i migliori e vi dico anche che non ci sono problemi però voi volete insistere a tutti i costi su Serre di Persano che io vi escludo non solo per motivi geologici, che poi sono stati accertati in maniera straordinaria dal mio collega Franco Ortolani, ma per fatti anche vitali: voi non potete andare a fare una discarica in una zona che è prossima al fiume Sele e non potete farla a distanza di 500 metri da un’oasi naturale che va salvaguardata non solo al suo interno ma, per legge, anche all’esterno.
Allora io non capisco, ho l’impressione che manchi una ratio a questa situazione: se ci sono siti alternativi idonei ad ospitare discariche, in questa fase emergenziale, perché si insiste sulle aree protette? Ma a questa domanda pare non ci sia risposta.

A MADDALONI ANCORA UNA SCELTA SCELLERATA – DENUNCIA DEL COMITATO

Al Sindaco e l’amministrazione

comunale di Maddaloni

81024 – (Caserta) –

– e p.c. al Commissario di Governo per l’emergenza bonifiche

e tutela delle acque nella Regione Campania

Via Orsini 46 – 80132 – Napoli –

Il comitato Foro Boario, visto con quanta sofferenza i cittadini Maddalonesi, ancora oggi, stanno pagando il disastro ambientale provocato dai rifiuti accantonati nell’ex foro boario,

DISAPPROVA

La decisione assunta dal consiglio comunale, (convocato in seduta straordinaria il 25 Dicembre 2007) di creare un nuovo sito di stoccaggio per i rifiuti urbani nei pressi dell’interporto.

Perchè

  1. Oggi a distanza di sei anni dal precedente disastro, questa amministrazione si perpetua commettendo l’identico errore di creare un foro boario bis.
  2. Questa decisione, assunta dal consiglio comunale, è tesa a dare un colpo di spugna al problema dei rifiuti urbani dispersi per le strade cittadine, ma contemporaneamente crea i presupposti per un ennesimo disastro ecologico di cui sarà chiamata inevitabilmente a risponderne.

    Questa città sta già pagando amaramente i tantissimi errori commessi dalle precedenti amministrazioni, vedi: “ex foro boario, cementir, turbogas, elettrodotto, lo Uttaro, ecc…ecc…” non merita nel modo più assoluto l’aggravio di ulteriori fonti di inquinamento.

    Questa decisione comporterà la creazione di una nuova discarica a cielo aperto dove, così come nel passato, andranno a confluire i rifiuti urbani non solo di Maddaloni.

    Errore già commesso con l’ex foro boario che a causa di un’emergenza ritenuta temporanea, ha provocato un disastro ambientale ancora oggi non risolto.

E’ INACCETTABILE

– che in un territorio dove già esiste un livello di inquinamento ambientale altissimo, si continuino ad individuare soluzioni comode, da sempre scongiurate e per giunta carpite con un blitz dell’ultimo momento fra panettoni e spumante.

– che dopo anni di emergenza rifiuti non si è mai provveduto a una seria raccolta differenziata dei rifiuti,

– che si stìa, come gli struzzi che nascondono la testa sotto la sabbia a riconoscere e a pagare con le tasche dei contribuenti, una pseudo raccolta che a Maddaloni non è mai cominciata e che da sola, se ben fatta, avrebbe contribuito a risolvere buona parte dell’emergenza, (l’80% dei rifiuti che sommergono le strade di Maddaloni sono costituiti da materiali felicemente riciclabili).

– che vengano strappate decisioni che non porteranno nessuna soluzione definitiva al problema dei rifiuti.

Comitato cittadino Foro Boario Maddaloni CE e-Mail: comitatoforoboarioma@libero.it Nr. tel. di riferimento: 338-7772265 www.comitatoforoboario.blogspot.com

BONIFICA DEL SITO E DELLE ISTITUZIONI LOCALI. ORA!

COMITATO EMERGENZA RIFIUTI

Caserta, 22 novembre 2007

 

BONIFICA DEL SITO E DELLE ISTITUZIONI LOCALI. ORA!

Il Tribunale Civile di Napoli ha accolto il ricorso ex art.700 c.p.c. presentato dal Comitato Emergenza Rifiuti e ha verificato la fondatezza circa l’individuazione e utilizzo di un sito illegittimo, illegale, inquinato e inquinante. La magistratura penale di Santa Maria Capua Vetere, a seguito denunce del Comitato Emergenza Rifiuti ha posto i sigilli alla discarica e inviato 12 avvisi di garanzia ai responsabili di questo disastro. La questione è chiusa.

Tale sito, alterando i dati reali con dichiarazioni false (il sito era infatti di 200.000 mc e non di 450.000 come dichiarato), è stato offerto al commissario Bertolaso da uno pseudo comitato tecnico-scientifico. Il Commissario, senza alcuna verifica seria e affidabile, circondandosi, infatti, di personaggi incompetenti e ben noti agli onori delle cronache giudiziarie, ha dilapidato tempi e risorse finanziarie enormi perpetuando e aggravando il vasto inquinamento ambientale e tutte le sue matrici, in particolare le falde acquifere e l’aria.

 

Vale la pena ricordare che tale sito è stato scelto e caldeggiato, contro ogni logica ambientale e ingegneristica, dal Presidente dell’Amministrazione Provinciale di Caserta, di concerto con il sindaco della città capoluogo e dal sig. Prefetto, con la conseguenza di tentare di sanare situazioni pregresse di illegalità nonostante i commissari delegati, prefetti di Napoli e Caserta avessero più volte, a partire dal 1994 rappresentato tali illegittimità e informato la stessa Autorità giudiziaria. Il sito scelto per il suo esiguo volume era già pieno di rifiuti e, se non fosse intervenuto il sequestro, entro pochi giorni la discarica sarebbe stata comunque chiusa.

 

Il Comitato Emergenza Rifiuti esprime la sua profonda soddisfazione e gratitudine alla magistratura che, ancora una volta, ascoltando le ragioni della società civile, ha fatto trionfare la verità e posto un punto fermo sulla cosiddetta emergenza rifiuti. Tale organo dello Stato che, pur operando in un contesto difficile, ha rapidamente portato a termine le indagini e avviato il procedimento per punire i colpevoli. Ai magistrati e alle forze dell’ordine un sostegno forte della gente per andare fino in fondo su questa impresa e un ringraziamento che ha un duplice valore: aver confermato il valore della democrazia; aver ridato speranza nelle istituzioni e nel patto sociale ad un popolo abbandonato. Il sostegno va ancora alla Magistratura in un momento in cui, con le strumentali pressioni anche di amministratori pubblici, si tenta di far arretrare un processo di ritorno alla legalità del nostro territorio.

Il Comitato ringrazia i legali e quanti, che con la loro professionalità e partecipazione hanno consentito di raggiungere un tale obiettivo.

 

E’ necessario ricordare che il Comitato, sin dalla firma del protocollo d’intesa (11 novembre 2006) si era preoccupato di informare le autorità sul reale stato delle cose, delle scelte interessate del sito effettuato sulla base di dichiarazioni false di pubblici dipendenti e del successivo stato di assoluta precarietà e illegalità della discarica e di come essa è stata gestita da personale scelto incautamente dal dr. De Franciscis e dal vice prefetto dr. Provolo nella qualità di commissario e vice commissario del Consorzio ACSA Ce3 cui il dr. Bertolaso aveva delegato la gestione. Già ad aprile, a cantiere ancora aperto, la RAI News 24 aveva divulgato per quattro giorni in tutto il mondo il filmato e le dichiarazioni del capo cantiere che ammetteva l’esistenza sotto la copertura della discarica in costruzione, d’ingenti quantitativi di rifiuti. In un incontro ufficiale avvenuto nel mese di marzo tra il Comitato, i rappresentanti dei partiti della sinistra, la CGIL e le istituzioni rappresentate dal sindaco di San Marco Evangelista, il Presidente della Provincia, il Prefetto, l’assessore provinciale all’ambiente, il delegato del Commissario di governo ed i più alti vertici territoriali delle forze dell’ordine, i rappresentanti del Comitato ufficialmente avanzavano al sig. Prefetto la richiesta di indagini (carotaggi) volte ad accertare definitivamente la preesistente presenza di rifiuti nella cava Mastropietro. Su tale richiesta il Comitato otteneva un deciso rifiuto da parte del Prefetto Stasi. Il rappresentante del Commissario di governo, inoltre, proprio per realizzare un corretto ciclo dei rifiuti, si impegnava ad una pronta installazione di 5 impianti di compostaggio, nel territorio provinciale; cosa ad oggi ancora non realizzata. In una riunione successiva, tenuta nel mese di ottobre scorso, il prefetto Pansa dichiarava che gli impianti in parola non potevano essere messi in funzione in quanto, nel frattempo, risultavano a suo dire “cannibalizzati”. Su tale circostanza e visto che nessun impianto di compostaggio risulta essere stato mai installato sul territorio regionale, il Comitato chiede che la Corte dei Conti intervenga per fare luce sull’oscura vicenda.

 

Tutta la vicenda si basa su un arrogante presupposto di impunità da parte di tutti i decisori, protagonisti di questa sporca storia.

 

La Magistratura, ancora una volta, è stata costretta a fermare scelte illegali e pericolose effettuate da una classe politica incapace e non all’altezza di gestire la cosa pubblica, esponendo le popolazioni e l’ambiente, in ragione di una pervicace e persistente emergenza rifiuti, a pericolo sanitario certo.

 

Vale la pena precisare ancora che sia il dr. Bertolaso, sia il Prefetto sig.ra Stasi, sia il Sindaco e il Presidente della Provincia furono subito edotti da questo Comitato sullo stato reale del sito di Lo Uttaro, delle sue pregresse vicende e del suo stato di illegalità, grazie alla connivenza di quegli stessi funzionari incaricati poi a indicare il sito nella commissione di cui faceva parte pure l’arch. De Biasio. Il Comitato, così come l’Università Federico II (prof. De Medici) sin dal febbraio 2007 avevano indicato siti alternativi e ipotesi di lavoro diversi dalla discarica. Lo stesso Bertolaso, in una audizione alla Camera dei Deputati aveva dichiarato che in Campania esistono ben 665 siti (cave) idonei ad essere trasformati in discariche! Il Comitato ha inutilmente sollecitato la Provincia ad elaborare il Piano provinciale per lo smaltimento dei rifiuti, in attesa da un anno. Lo stesso Comitato ha elaborato, inascoltato, delle precise proposte per superare la crisi in corso. Ha cercato di supportare (con il Comitato dei Garanti) anche la fase della gestione della discarica, nonostante le posizioni contrarie, proprio per arginare e controllare che almeno la gestione fosse corretta e rispettosa della legge e del buon senso. Neanche questo. Occorre ricordare che, comunque, anche se si fossero rispettati i parametri di legge relativi al materiale sversato, la successiva produzione di percolato avrebbe comunque inquinato la falda in quanto l’impermeabilizzazione presentava larghi squarci. Nella discarica si è sversato di tutto, anche materiale pericoloso oltre che fanghi di depurazione. Il Comitato giudica scandaloso e preoccupante che le sollecitazioni e gli inviti a fare qualcosa da parte del Comitato dei Garanti siano rimaste costantemente inascoltate dal Prefetto Pansa, come da tutte le autorità locali, responsabili anche della tutela della salute pubblica. L’unica risposta dai decisori politici è stata invece, quella di nominare nel comitato dei garanti altri politici senza alcuna competenza e volontà di garantire che a Lo Uttaro la legge venisse rispettata; eletti evidentemente solo con la precisa idea di controllare e frenare l’operato dei tecnici operanti all’interno del Comitato dei Garanti, unici presenti nel gruppo e indicati dal Comitato Emergenza Rifiuti.

In tutta questa situazione, nonostante la presenza della discarica sul territorio, mentre la raccolta differenziata a Caserta, così come nella conurbazione (S. Nicola, Maddaloni, San Marco E.) è precipitata a percentuali ridicole, la TARSU è aumentata e a Caserta è la più alta d’Italia, i rifiuti rimangono in mezzo alle strade e le aree da bonificare sono rimaste come un monumento al disinganno e all’incompetenza di amministratori arroganti quanto inefficaci.

 

 

ADESSO CI ASPETTIAMO GIUSTIZIA e UNA BONIFICA GENERALE, DALLE ISTITUZIONI AL SITO ABUSIVO, ILLEGALE E PERICOLOSO DI LO UTTARO. Occorre rapidamente ridare fiducia nelle istituzioni democratiche alla gente e alla popolazione campana cui è stata tolta anche l’onorabilità da affaristi, colletti bianchi e da una classe politica non meritevole della fiducia accordata.

 

Per questi motivi il Comitato Emergenza Rifiuti chiede:

Alla Procura della Repubblica di Santa Maria Capua Vetere, che ha operato il sequestro della discarica illegale e pericolosa, considerato che la discarica da un punto di vista biologico e chimico è in piena attività, di affidare ad horas la “gestione” della discarica al Genio militare con la consulenza degli organi dello Stato di cui in precedenza si sono avvalsi i prefetti Improta e Catalani, per la messa in sicurezza del sito, il recupero e allontanamento del percolato, il controllo del biogas;

 

Al Prefetto Pansa

1) l’immediato avvio del procedimento per lo svuotamento e la bonifica sia del sito Mastropietro sia di tutta la zona Lo Uttaro già dichiarata Sito di Interesse Nazionale e che si sarebbe già dovuta attuare sin dal 1994 in funzione di quanto rappresentato ufficialmente dal Prefetto di Napoli e, dal 2005 per quanto stabilito dal Presidente della Regione Campania Commissario per le bonifiche;

2) la predisposizione di un accurato studio di caratterizzazione e messa in sicurezza avvalendosi di professionalità universalmente riconosciute come tali;

3) l’accoglimento delle proposte delle associazioni ambientaliste e dei vari comitati per superare l’attuale crisi regionale sul ciclo dei rifiuti;

 

al sig. Ministro degli Interni l’invio di una commissione di accesso alla Provincia di Caserta ed al Comune di Caserta, per accertare eventuali irregolarità degli atti amministrativi. Sarebbe opportuno, inoltre, disporre anche, in via cautelativa, il trasferimento di quanti, nella Provincia, nella Prefettura e nel Commissariato di Governo per l’emergenza rifiuti, secondo le accuse della magistratura hanno generato, con le loro dichiarazioni false, le omissioni, ecc. l’attuale scempio ambientale e istituzionale.

COMITATO EMERGENZA RIFIUTI

 

 

Da Radio anch’io : EMERGENZA RIFIUTI  puntata del 27 novembre 2007

Dichiarazioni del giudice DE MAGISTRIS al Parlamento Europeo

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Danuta Huebner, polacca, commissario Ue alle Politiche regionali, ha tenuto una conferenza stampa sul mio intervento al Parlamento Europeo in cui ho chiesto chiarezza sui fondi europei che arrivano in Italia. Danuta ha dichiarato: “Non bisogna dare un’immagine negativa dell’utilizzo dei fondi europei in Italia, visto che nella maggior parte delle regioni del sud c’è comunque un notevole progresso nella riduzione delle disparità. Abbiamo un sistema di controllo davvero molto evoluto a livello di fondo regionale, Stati membri, Commissione europea e Corte dei Conti. Quando queste irregolarità sono effettivamente individuate c’è un sistema molto ben collaudato che implica anche l’interruzione di questa erogazione. Non direi che l’Italia fa parte degli Stati membri che si scosta dalla situazione media”.

Danuta è certa di quello che dice. Le garanzie sui fondi europei le ha ricevute direttamente da Totò Cuffaro. Belin, non scherzo. Dopo averlo incontrato ha detto entusiasta: “Potrei dirle che l’impegno di tutti coloro che lavorano per garantire che non ci siano infrazioni e frodi è senz’altro evidente.”

Consiglio a “Danuta la sprovveduta” di ascoltare il discorso del magistrato Luigi De Magistris a Strasburgo e di farsi tradurre il primo articolo dell’inchiesta di Repubblica di oggi.
Voglio anche ricordarle che nel 2006 l’Italia ha ottenuto fondi illeciti dalla Ue per 318 milioni e 104 mila euro con 1.221 casi denunciati, quasi cinque volte la media europea.

Leggi l’articolo sui fondi europei.
“Vi ringrazio. Questo mi ricorda il giorno dell’audizione al CSM quando arrivai in ritardo, digiuno, e mi sottoposi a quattro ore di audizione. Adesso ho preso un tè, sperando che stavolta l’incontro duri di meno.
Ho accettato con piacere questo invito per fare una riflessione sulla mia esperienza di magistrato che si occupa delle truffe e dei reati di corruzione ed altro che ruotano intorno alla gestione della spesa pubblica, quindi dei finanziamenti pubblici.
Ovviamente, pur non potendo parlare delle indagini che ho svolto nel corso degli anni, soprattutto quelle che mi sono state illegalmente sottratte, non posso non rilevare un dato inquietante: nonostante lo strumento che ha come obiettivo quello di consentire lo sviluppo economico di regioni che ne hanno bisogno – io lavoro in Calabria, una regione ad “obiettivo 1” dove arrivano moltissimi finanziamenti europei e per la quale nel periodo 2007-2013 sono stati stanziati fondi per 9 miliardi di euro – lo sviluppo economico non c’è stato.
In taluni casi, com’è stato riscontrato da indagini molto accurate della Corte dei Conti sia dalla procura regionale che dalle sezioni giurisdizionali che esercitano anche funzione di controllo, e ancora da parte della magistratura ordinaria, si è potuto verificare danno erariale per somme non spese per ragioni di negligenza grave quindi di colpa; in tanti altri casi, anche altre procure della Repubblica calabresi hanno potuto riscontrare che si realizzavano vere e proprie truffe ai danni dell’Unione Europea. Tante altre volte ci sono state ipotesi di corruzione.
Ciò fa apparire sistemica la gestione dei finanziamenti pubblici: non si tratta di episodi, e questo è il dato a mio avviso più importante, occasionali o saltuari, truffe di singole persone, ma c’è sempre qualcosa che governa a monte la gestione complessiva della spesa pubblica.
Questo lo si ricava innanzitutto se si guardano i filoni per i quali vengono realizzati i progetti di spesa dei fondi dell’Unione Europea: non abbiamo settori particolari ma si tratta di tutti i rami per cui si dovrebbe realizzare lo sviluppo, come l’ambiente, l’informatica, la sanità, le opere pubbliche.
Come si realizza la possibilità di captare queste somme di denaro? Attraverso la costituzione di un reticolo di società organizzate secondo vere e proprie scatole cinesi, il più delle volte miste pubblico-privato.
Questo delle società miste pubblico-privato è un passaggio importante. E’ una riflessione da fare a livello istituzionale. Io la feci anche innanzi alla commissione bicamerale del Parlamento italiano sul ciclo dei rifiuti quando si affrontò proprio la problematica delle società che si occupano della gestione dei rifiuti e alla depurazione delle acque.
E’ qui che si comprende come, a monte, il sistema di gestione della spesa pubblica viene spesso governato da gruppi di persone che hanno organizzato veri e propri sodalizi criminali, composti da professionisti, imprenditori, uomini del mondo dell’economia e della politica, per realizzare più a valle un vero e proprio controllo di altri settori importanti della vita pubblica.
Quando abbiamo esaminato, nel corso di una serie di investigazioni, come venivano realizzate le compagini sociali, come venivano inseriti i soci nelle società, come si componevano i consigli di amministrazione, come si componevano i collegi dei sindaci e dei revisori dei conti, abbiamo capito che i gruppi di professionisti erano sempre gli stessi, spesso si trovavano persone legate anche in modo stretto con magistrati, con uomini appartenenti alle forze dell’ordine, con uomini delle istituzioni.
E’ chiaro che l’aspetto più inquietante è che si viene a creare anche una commistione deleteria tra controllore e controllato.
Il problema centrale è come si possa porre rimedio a tutto questo: noi abbiamo verificato in diversi casi che le persone che avrebbero dovuto controllare, perché si trovavano in ruoli vitali della regione o di altre istituzioni, a loro volta partecipavano direttamente o indirettamente nelle società che dovevano essere controllate.
E’ chiaro che per poter garantire una corretta erogazione delle somme stanziate e far sì che queste realizzino dei progetti che portino allo sviluppo economico, dovrebbe funzionare il sistema dei controlli. Non solo quelli comunitari, attraverso le strutture preposte – io ho collaborato molto e in modo proficuo, fin quando non mi hanno sottratto le indagini, con l’OLAF cioè l’ufficio antifrode – ma anche i controlli delle regioni. Ciò è spesso impossibile o molto difficile perché in tutti i procedimenti penali che abbiamo trattato le persone responsabili di alcuni reati in questa materia erano proprio persone preposte agli organi di controllo delle regioni.
Il problema diventa rilevante soprattutto se si considera che lo sviluppo economico non c’è e addirittura c’è una ricaduta di costi sulla comunità, visto che l’Italia viene condannata in sede europea a risarcire i danni.
Ciò che è ancora più inquietante è il passaggio successivo: ho spiegato cosa avviene a monte e a valle, come sono inserite le persone nelle società. Ancora più a valle, come avviene l’assunzione delle persone all’interno delle società che si aggiudicano progetti finanziati, corsi di formazione ecc… è qui che c’è un altro passaggio delicatissimo: spesso vi è un vero e proprio sistema di indicazione delle persone da assumere. Coloro che a monte governano e stabiliscono le condizioni per ottenere il finanziamento sono le stesse che indicano alle società di assumere questa o quella persona, con un’ulteriore ricaduta, e qui mi fermo, sul voto: al momento del voto accade, e in alcuni procedimenti abbiamo contestato anche il reato di voto di scambio, che viene chiesto il voto perché si è stati determinanti non solo nel far ottenere il finanziamento ma anche nell’imporre le persone da assumere.
Un’ultima considerazione sulle società miste pubblico-privato. In taluni casi abbiamo rilevato che nella parte pubblica si verifica una vera e propria lottizzazione degli incarichi, con persone che fanno parte di tutti gli schieramenti politici: in alcune società abbiamo verificato che si trovavano persone appartenenti a tutte le forze ad eccezione, forse, dell’estrema destra e dell’estrema sinistra.
Ciò che preoccupa di più non è questo, perché potrei ricevere l’obiezione, da parte di illustri persone che vedo presenti, che è un modo per rappresentare tutte le culture. E’ un vecchio discorso già fatto. Molto opinabile, ma si può fare. Ciò che preoccupa è la parte privata, perché in alcuni casi abbiamo notato che si trovano imprenditori direttamente collegati a chi si trova nella parte pubblica, settori rilevanti di organizzazioni vicine al mondo della Chiesa, personaggi politici di sinistra e di destra e si chiude il cerchio con società riconducibili alla criminalità organizzata.
Se questo è il quadro, si può comprendere che all’interno di alcune società che percepiscono ingenti finanziamenti europei, troviamo gran parte del mondo politico, una parte rilevante di professionisti che in un territorio come la Calabria non sono tantissimi, la criminalità organizzata, il controllo del mercato del lavoro e il controllo del voto.
Se questo è il quadro si devono fare delle riflessioni al di là delle indagini e pensare all’aiuto che può venire da parte delle strutture comunitarie.
Sicuramente, per la mia esperienza, posso dire che l’ufficio antifrode, quando c’è stata la necessità, ha sempre collaborato in modo significativo con l’autorità giudiziaria italiana sia nell’aspetto della cooperazione, sia attraverso Eurojust per il buon fine di determinate rogatorie.” Luigi De Magistris

Ipocrisia o ignoranza?

Finalmente è chiusa la discarica a Lo Uttaro, riconosciuta dalla magistratura come fonte di veleni e di danni per la salute della popolazione.

La Grande Puzza comincia a sparire. Ma stranamente a qualcuno non fa piacere.

L’iniziativa dei 23 sindaci dell’agro aversano, solo dopo la chiusura della discarica, di presentare in blocco le dimissioni per protestare contro la presenza dei rifiuti nelle strade dei loro comuni è difficile da comprendere. Come mai solo ora si svegliano dal torpore e fanno baccano?

Innanzitutto c’è da osservare che per tutta l’estate le strade dei comuni della provincia, e ad Aversa in particolare, spesso sono state traboccanti di rifiuti, anche con la discarica di Lo Uttaro aperta.

Questi signori che ora si dimettono o non sanno di che parlano o fanno discorsi del tutto ipocriti.

Vista l’esistenza del Protocollo d’intesa di un anno fa, che assegnava alla Provincia di Caserta il compito di redigere il Piano Provinciale dei Rifiuti,  avrebbero avuto tutto il tempo necessario per pretendere l’emanazione del suddetto piano e l’installazione degli impianti di compostaggio.

Avrebbero potuto offrire i loro territori per gli impianti inutilizzati la cui giacenza nei depositi del Commissariato straordinario per l’Emergenza Rifiuti è  stata confermata da rappresentanti del Commissariato stesso in riunioni ufficiali, anche alla presenza del Presidente della Provincia De Franciscis.

Tale impiantistica, oltre a produrre del prezioso “compost” fertilizzante per le loro campagne, avrebbe contribuito molto a risolvere, con indubbi vantaggi per l’ambiente,  la questione dei rifiuti in Campania e nella provincia di Caserta.

 Infatti, come si sa, l’umido che va al compostaggio costituisce la parte più problematica da gestire dell’intera massa dei RSU.

Quelli che ora protestano si sono invece cullati sull’esistenza della discarica di Lo Uttaro di Caserta, che nell’ultimo anno ha ingoiato ogni tipo di materiale, compreso quello pericolosamente tossico.

È stata una minaccia per la salute e un trionfo dell’illegalità, come ora ha accertato la magistratura. È questo che vorrebbero veder continuare i signori sindaci in agitazione?

Secondo le vigenti leggi, la discarica a Lo Uttaro non avrebbe mai potuto essere autorizzata.

È in contrasto con disposizioni regionali di bonifica che individuavano l’invaso tra i siti di interesse nazionale da bonificare, in contrasto con la legge del dicembre 2006 che escludeva localizzazioni in aree già, come questa, altamente inquinate dalla presenza di altre discariche e siti di stoccaggio. Inoltre era accertata la presenza nella zona di milioni di tonnellate di rifiuti di origine non specificata.

Il tutto in una conurbazione abitata da 200.000 persone, a due passi da quartieri popolosissimi, in prossimità del costruendo Policlinico e del nuovo Centro Direzionale di Caserta che ospita migliaia di impiegati.

La scelta di aprire questa discarica è stata così sconsiderata che ora anche i giudici ipotizzano che sia stata effettuata con la complicità di politici, funzionari pubblici ed imprenditori per interessi personali, manipolando relazioni ufficiali e documenti tecnici.

C’è da considerare un altro fatto che rende ancora più incomprensibili e inaccettabili le proteste dei sindaci dell’agro aversano.

La discarica casertana tra non più di venti giorni sarebbe stata colma e la situazione di caos sarebbe stata esattamente la stessa di oggi, in assenza di qualunque altra alternativa individuata nel frattempo dalla Provincia e dal commissario delegato Pansa.

Ora è il momento di mettere mano ad un piano dei rifiuti serio. Quello recentemente proposto da Pansa è solo un fascicolo zeppo di numeri e tabelle che in sostanza ricalca il precedente e fallimentare piano, senza proporre soluzioni valide e, soprattutto, immediate.

Basterebbe seguire le indicazioni di autorevoli esperti del settore e delle associazioni ambientaliste, che da anni si battono per tornare alla normalità. Basterebbe usare gli stessi criteri utilizzati in altre parti d’Italia per risolvere definitivamente l’incancrenito problema definito da 14 anni, ormai eufemisticamente e in malafede, “Emergenza Rifiuti”.

Nello scorso febbraio, all’allora Commissario Bertolaso era arrivata una proposta precisa e risolutiva dal Prof. De’ Medici dell’Università Federico II di Napoli, eminente geologo di fama internazionale.

Questo progetto mostra che per smaltire i rifiuti sarebbe possibile utilizzare siti idonei e ad alta impermeabilizzazione naturale, come quelli presenti nei pressi di Vallata (AV), lontanissimi dai centri abitati e con ampie strade di accesso già esistenti. Lo sversamento ed il trattamento dei rifiuti potrebbero avvenire in loco, tramite agili macchinari per il vaglio e la tritovagliatura, evitando per i rifiuti il passaggio attraverso i sette impianti ex CDR con “viaggi turistici” che inquinano ogni luogo di transito e fanno crescere enormemente i costi.

Qualcuno ancora non lo sa, ma uno degli aspetti più assurdi della nostra crisi è il modo in cui i rifiuti vengono spostati. Prima vengono raccolti dai camion, poi transitano nei siti di trasferenza, poi giungono ai sette ex CDR, infine vanno nelle discariche o negli stoccaggi.

A ogni passaggio crescono le complicazioni e lo sparpagliamento di fetenzia e di gocciolante percolato (spesso per i trasporti non vengono rispettate le norme esistenti). E a ogni passaggio sono costi in più.

 Anche per questo i soldi non bastano mai e tasse e tariffe per i rifiuti continuano ad aumentare.

Il sito di Vallata potrebbe essere utilizzato per contenere per almeno tre anni tutti i rifiuti della Regione, consentendo così la ricostruzione a norma dei sette CDR. Dopo la ricostruzione, in cinque dei CDR potrebbe essere trattato quanto prelevato giornalmente, mentre negli altri due potrebbero essere “spacchettate” e trattate le ecoballe, sempre secondo la norma.

Nel giro di un anno il progetto permetterebbe a Regione e Province di avviare un serio piano di raccolta differenziata e di riciclaggio dei rifiuti, con forti penalizzazioni per le aree che non dovessero risultare in regola con gli standard imposti dalla legge.

Le balle prodotte a norma potrebbero essere poi utilizzate nei cementifici, impianti che per poter produrre la materia prima devono avere al camino 1.450 gradi costanti. A questa temperatura la quantità di diossina liberata sarebbe infinitesimale e non si avrebbero vincoli contrastanti con gli obiettivi di differenziazione dei rifiuti.

Seguendo il detto progetto non sarebbe necessario costruire nuovi e inquinanti impianti di incenerimento, erroneamente definiti “termovalorizzatori”, che comportano elevati costi di costruzione e tempi lunghi per l’ammortamento. Un inceneritore gigantesco come quello di Acerra per essere un affare appetibile dovrà essere rifornito con enormi quantitativi di rifiuti da trattare.

Perciò sono state accumulate le finte ecoballe – a un certo punto si è scoperto che erano fatte male e che non si potranno neanche bruciare – e si sono moltiplicati i rischi  per tutta la Campania. Mentre per non avvelenare l’ambiente e le persone gli obiettivi dovevano essere la raccolta differenziata, il riciclo ed il riuso dei materiali, in modo da ridurre al minimo i quantitativi di materiali di scarto da bruciare o seppellire in discariche.

Riflettiamo tutti su queste poche e semplici proposte.

Forse è l’ultima occasione per fare in modo che la nostra Regione torni a essere ricordata per le sue bellezze naturali e non per le montagne di rifiuti presenti ad ogni angolo di strada.

 

Antonio Roano

Raiset, uso criminoso – di Marco Travaglio

Raiset, uso criminoso

da L’Unità del 22 novembre 2007

Chapeau. Nemmeno il più feroce demonizzatore, il più accanito antiberlusconiano poteva immaginare la meticolosità, la scientificità, la capillarità del controllo esercitato su ogni minuto, ogni minimo dettaglio di programmazione Rai dagli uomini Mediaset infiltrati da Silvio Berlusconi nel cosiddetto “servizio pubblico”. Intendiamoci: la fusione Rai-Mediaset in un’indistinta Raiset al servizio e a maggior gloria del Cavaliere si notava a occhio nudo e questo giornale, da Furio Colombo in giù, l’ha sempre denunciato. Ma le intercettazioni della Procura di Milano, disposte nell’inchiesta sul fallimento del sondaggista del Cavaliere, Luigi Crespi, e pubblicate da Repubblica dimostrano oltre ogni ragionevole dubbio la privatizzazione della Rai da parte della “concorrenza” e la sua trasformazione in una succursale di Mediaset.

Da sette lunghi anni, cioè da quando Berlusconi tornò al governo e occupò militarmente Viale Mazzini, la Rai è cosa sua, un feudo privato da usare per blandire gli amici, manganellare i nemici, ammonire gli alleati appena un po’ critici, ma soprattutto per celebrare le gesta del Capo. Tacendo le notizie scomode, enfatizzando quelle comode, parlando solo di quel che vuole Lui.

La realtà immortalata dalle intercettazioni della primavera-estate 2004 supera persino l’immaginazione di chi, pur denunciando gli orrori e le miserie del regime mediatico, pensava che ciò che quotidianamente andava (e va) in onda non fosse frutto di un copione scritto ad Arcore, ma dell’eterno servilismo della classe giornalistica italiana, la più vile e conformista del mondo. Invece è tutto pianificato nei minimi dettagli sulla chat line Viale Mazzini-Palazzo Grazioli (o Chigi): persino le inquadrature del Capo ai funerali del Papa, i ritardi nell’annuncio dei risultati elettorali negativi, il numero di citazioni a “Porta a Porta” del sacro nome di Silvio (che, a differenza di altre divinità, va nominato spesso e soprattutto invano, specialmente da Vespa). Non c’è voluto molto per ridurre quella che fu la prima azienda culturale d’Europa e alfabetizzò l’Italia in questa miserabile Pravda ad personam: è bastato sistemare una dozzina di visagisti, truccatori e politicanti berlusconiani nei posti giusti e lasciarne molti di più sulle poltrone precedentemente occupate.

Intanto venivano cacciati i Biagi, i Santoro e i Luttazzi, poi le Guzzanti e gli altri della seconda ondata, incompatibili col nuovo corso. Ma non perché fossero “di sinistra”. Perché sono fior di professionisti: con due o tre programmi ben fatti avrebbero rovinato tutto. Se qualcuno li chiama per pregarli di nascondere i dati delle elezioni amministrative per non far soffrire il Cavaliere, quelli mettono giù (“uso criminoso della televisione pagata coi soldi di tutti”). I rimasti, invece, obbediscono ancor prima di ricevere l’ordine. Si spiegano così non solo le epurazioni bulgare e post-bulgare, ma anche lo sterminio delle professionalità, soprattutto nella rete ammiraglia di Rai1, affidata (tuttoggi) al fido Del Noce: uno che, oltre ad aver epurato Biagi, è riuscito a litigare persino con Baudo, Arbore, Frizzi, Carrà e Celentano. Chi ha idee e talento ha più séguito, dunque è più libero e meno censurabile, ergo inaffidabile. I superstiti, invece, sono pronti a qualunque servizio e servizietto.

Il Papa sta morendo e il Ciampi prepara un messaggio a reti unificate? Anziché preoccuparsi che la Rai copra la notizia meglio della concorrenza, i dirigenti berlusconiani pianificano una degna uscita mediatica del Capo, onde evitare che il Quirinale lo oscuri. Il Papa muore proprio alla vigilia delle amministrative, distraendo gli elettori cattolici dal dovere di correre alle urne per votare il Capo? Si organizza una serie di “programmi che diano alla gente un senso di normalità, al di là della morte del Papa, per evitare forte astensionismo alle elezioni amministrative”. Più che un servizio pubblico, un servizio d’ordine a uso e consumo del premier padrone, sempre pronto a disperdere i disturbatori (Papa morente compreso) ora coi manganelli, ora con gli idranti.

In cabina di regìa c’è la signorina Deborah Bergamini, già assistente del Cavaliere, da lui promossa capo del Marketing strategico della Rai, mentre Alessio Gorla, già dirigente Fininvest e Forza Italia, diventava responsabile dei Palinsesti. Deborah, per gli amici “Debbi”, non ha ben chiaro il confine tra Rai e Mediaset, anzi considera la Rai una dependance di Mediaset, dunque del governo Berlusconi. Chiama continuamente Mauro Crippa (direttore generale per l’”informazione” delle reti Mediaset), Paolo Bonaiuti (sottosegretario alla Presidenza e portavoce del premier) e Niccolò Querci (segretario del Cavaliere e vicepresidente di Publitalia) per concordare le strategie di comunicazione più favorevoli al Capo. Al resto pensano i servi furbi. Mimun, si sa, era in prestito d’uso da Mediaset, dov’è poi morbidamente riatterrato. Non c’è neppure bisogno di dirgli il da farsi: lo sa da sé. E poi – assicurano Debbi e Delnox – fa un ottimo “gioco di squadra con Rossella” (Carlo, allora direttore di Panorama, molto vicino al premier e dunque alla Rai).

Anche Vespa non ha bisogno di suggerimenti. Del Noce telefona a Debbi per avvertirla che “Vespa ha parlato con Rossella e accennerà in trasmissione al Dottore (Berlusconi, ndr) a ogni occasione opportuna”. Qualcuno suggerisce che Bruno potrebbe “non confrontare i voti attuali con quelli delle scorse regionali”, per mascherare meglio la disfatta del Capo, o magari “fare più confusione possibile per camuffare la portata dei risultati”. Ma poi si preferisce lasciarlo libero di servire come meglio crede, perché – dice giustamente la Debbi – “tanto Vespa è Vespa”. Quello che, in un’altra intercettazione raccolta dalla Procura di Potenza, prometteva al portavoce porcellone di Fini: “A Gianfranco la trasmissione gliela confezioniamo addosso”. Piuttosto c’è un problema: Mauro Mazza, troppo amico di Fini per piacere a Forza Italia, farà la prima serata di Rai2 sulle elezioni. Bisogna sabotarlo, perché quello magari i dati non li nasconde. Idea geniale: Deborah parla con Querci “e gli chiede di mettere una cosa forte in prima serata su Canale5”, così la gente guarda quella e lo speciale Mazza non se lo fila nessuno. Del resto è un’abitudine, per lei, concordare i palinsesti con Mediaset: più che del Marketing della Rai, è la capa del Marketing di Berlusconi. Infatti, ancora commossa, commenta così i funerali di Giovanni Paolo II: “Berlusconi è stato inquadrato pochissimo dalle telecamere”. Si sa com’è fatto il Cavaliere: “Ai matrimoni – diceva Montanelli – vuol essere lo sposo e ai funerali il morto”.

Notevole anche il caso del Festival di Sanremo affidato a Paolo Bonolis (pure lui in prestito d’uso alla Rai, prima di tornare a casa Mediaset): il presentatore è affiancato da un “direttore artistico” che non capisce una mazza di musica, ma si avvale della consulenza di Querci, uomo Fininvest, purchè “la cosa non si sappia in giro” (se no la gente capisce tutto).
 
In tutti questi anni, mentre ogni inquadratura di ogni telecamera di ogni programma diurno e notturno di Raiset veniva controllata dai guardaspalle del Padrone, chiunque si azzardasse anche soltanto a ipotizzare che questi signori lavorassero per il re di Prussia, anzi di Arcore, veniva zittito dai “terzisti” e dai “riformisti” come “demonizzatore” e “apocalittico” animato da “cultura del sospetto”, incapace di comprendere che le tv non contano per vincere le elezioni; anzi, a parlar male di Berlusconi si fa il suo gioco. Poi veniva querelato e citato in giudizio per miliardi di danni dai Del Noce e dai Confalonieri, sdegnati dalle turpi insinuazioni sulla liaison Rai-Mediaset nel paradiso della concorrenza e del libero mercato.

Dirigenti come Loris Mazzetti e Andrea Salerno, rei di aver chiamato censure le censure, sono stati perseguitati dall’azienda con procedimenti disciplinari. L’ultima è piovuta su Mazzetti, per aver partecipato ad Annozero e detto la verità sull’epurazione del suo amico Biagi. Salerno, già responsabile della satira per Rai3 quando c’era ancora la satira, ha preferito togliere il disturbo.

Intanto Confalonieri non si perdeva una festa dell’Unità e le quinte colonne berlusconiane facevano carriera in Rai, tant’è che sono ancora tutte lì: Del Noce a Rai1, Bergamini al Marketing, Vespa a Porta a porta. Tutti straconfermati dalla “Rai del centrosinistra” che non ha ancora trovato uno spazietto per Luttazzi, Sabina, Beha, Massimo Fini. Ancora l’altroieri la sceneggiata di quest’ometto ridicolo che in mezz’oretta scioglie un partito e ne fa un altro è stata magnificata a reti unificate come evento epocale, geniale, rivoluzionario, col contorno di alati dibattiti sugli otto milioni di firme ai gazebo, mai viste e mai esistite se non in tv. La Sua tv: quella che da anni e anni trasforma un plurimputato, già frequentatore di mafiosi, per giunta piuttosto ridicolo, che basterebbe mostrare per quello che è per suscitare fughe e risate di massa, in uno statista liberale di livello internazionale.

Ora si spera che, oltre alla solita “indagine interna”, fiocchino i licenziamenti per giusta causa (con richieste danni per intelligenza col nemico), almeno per chi ha lasciato le impronte digitali nello scandalo, come accadrebbe ai manager di qualunque azienda sorpresi ad accordarsi con la concorrenza. Ma, onde evitare che la scena si ripeta in un prossimo futuro, licenziare i servi di Berlusconi non basta. Occorre una vera “legge Biagi” (nel senso di Enzo) per cacciare per sempre i partiti dalla Rai e stabilire finalmente l’ineleggibilità dei proprietari di giornali e tv. Semprechè, si capisce, la cosa non disturbi il “dialogo per le riforme”. E ora, consigli per gli acquisti.

CAROVANA NAZIONALE dell’ACQUA PUBBLICA A CASERTA

Ven. 29 Giugno, ore 18.30 CASERTA (CE),

Assemblea pubblica Il Coordinamento Campagna Acqua Pubblica con il Coordinamento Associazioni Casertane invitano la cittadinanza a partecipare il

29 giugno 2007 ore 18 Tappa a Caserta Piazza Ruggiero Campagna Acqua Pubblica, ci metto la firma!

CAROVANA NAZIONALE dell’ACQUA

Ore 18.00 Apertura Stand

Ore 18,00 Complesso Bandistico “Città di Casagiove” ,

Ore 19,30 Proiezione video tematici,

ore 20,30 Incontriamo Marco Bersani e Giuseppe De Marzo (Comitato promotore nazionale),

ore 21,30 Tributo in musica e non solo… all’acqua con la partecipazione di : Agnese Ginocchio, Carmine Migliore e Zero dB .

L’acqua non è una merce! Difendiamola! (Referente Caserta Acqua pubblica prof.ssa Mena Moretta: memoreta@tin.it )

Finalmente!

Stamattina i Carabinieri del Nucleo Operativo Ecologico hanno sequestrato la discarica Lo Uttaro a seguito della disposizione data dal GIP Guarriello nell’ambito di indagini scaturite anche dalle denunce che sono state sporte dal Comitato e dalle Associazioni Ambientaliste sull’allestimento e sulla gestione dell’impianto.

I reati contestati ad amministratori, funzionari pubblici ed imprenditori vanno dal traffico illecito di rifiuti alla gestione di rifiuti non autorizzata, dal falso ideologico alla frode in pubbliche forniture, fino al disastro ambientale.

Anche il Tribunale di Napoli è giunto alle stesse conclusioni e, respingendo i ricorsi presentati dal Consorzio ACSA CE3 e dal Commissario di Governo, ha confermato l’ordinanza di chiusura emessa il 19 luglio u.s. dal giudice Como, ravvisando pericoli imminenti per la salute pubblica.

Un risultato che il Comitato e le associazioni hanno raggiunto lottando contro i poteri forti costituiti dai partiti di maggioranza e opposizione di Caserta, San Nicola, Maddaloni e San Marco Evangelista e dalle lobby presenti sul territorio, i quali sono stati consenzienti o inattivi.

Il Sindaco di Caserta, il Presidente della Provincia ed il Commissario Bertolaso avevano messo in piedi un protocollo d’intesa del quale l’unica cosa realizzata rimane una discarica progettata male e gestita ancor peggio, sovrapposta ad altri abbancamenti illegali, cosa denunciata alle istituzioni ancor prima dell’allestimento della discarica stessa. Ricordiamo che lo stesso Commissario Bertolaso, negando tutte le evidenze che gli erano state presentate, con l’appoggio ed il consenso degli altri due firmatari, affermò nello scorso mese di marzo in un pubblico confronto con i cittadini al Teatro Comunale di Caserta: “Costi quel che costi la discarica si farà!”

Adesso ci aspettiamo che, costi quel che costi, tutte le responsabilità siano accertate e tutti gli eventuali colpevoli perseguiti, congiuntamente ad uno svuotamento e a una bonifica del sito inquisito.

Oggi alle ore 16.30 presso il Circolo Nazionale di Caserta si terrà una conferenza stampa con la relazione dell’Avv.to Luigi Adinolfi, legale del Comitato, congiuntamente a esponenti del Comitato stesso.

Inoltre è indetta una assemblea pubblica per domenica 25 novembre presso la sala parrocchiale della Chiesa di Santa Maria della Pietà alla Rotonda di San Nicola, dove il Comitato incontrerà i cittadini perché tutti insieme si possa lottare per portare al suddetto svuotamento dell’invaso ed alla bonifica di tutta la zona Lo Uttaro, oltre a pretendere da subito l’avvio di una seria filiera di raccolta dei rifiuti che parta dalla raccolta porta a porta per finire ai siti di compostaggio e agli impianti di riciclaggio, per non dover mai più subire la presenza di discariche inquinanti che incrementano le malattie tumorali e rendono malsano l’ambiente circostante.

Antonio Roano

DOVE SONO I 1000 NUOVI TRENI PER I PENDOLARI PROMESSI NELLA FINANZIARIA?

DAL BLOG DI ALFONSO PECORARO SCANIO:

Quando abbiamo votato la Finanziaria in Consiglio dei Ministri io avevo chiesto ed ottenuto – come ministro dell’Ambiente e come leader dei Verdi – che ci fossero i fondi per 1000 nuovi treni per i pendolari. Una misura della quale avevo parlato proprio qui sul blog, in uno dei miei viaggi in treno.
Ora quei fondi devono ritornare disponibili. Proprio oggi in un messaggio scritto indirizzato a Romano Prodi ed al ministro dell’Economia Padoa Schioppa ho chiesto che nella discussione della Finanziaria alla Camera si ritrovino le risorse indispensabili per garantire i mille treni per i pendolari. Noi siamo assolutamente determinati su questo, abbiamo votato in Consiglio dei Ministri che ci fossero queste risorse e abbiamo poi scoperto  che dai conti dell’economia le risorse non sono ancora garantite: bisogna ottenerle. Questo è il mio impegno.
Per questo vedo con favore le iniziative delle associazioni ambientaliste che hanno deciso di mobilitarsi per chiedere che ci siano i fondi per la mobilità sostenibile.
Sarà anche vero che l’Italia ha bisogno delle grandi opere pubbliche, ma è paradossale discutere di nuovi grandi impianti quando non si trovano le risorse per dare una risposta a milioni di pendolari. Vi chiedo quindi un sostegno diretto – anche attraverso il blog ed i siti dei Verdi e delle organizzazioni che si stanno mobilitando – per ottenere che la Camera dei Deputati mantenga l’impegno dei mille nuovi treni per i pendolari.

ATTENZIONE AI POMODORI OGM!

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ANTONIO ROANO